mercoledì 28 giugno 2017

GOYA E GUIDO RENI. TESORI D’ARTE AL PALP

Tre dipinti straordinari saranno in mostra quest’estate a Pontedera, due di Francisco Goya ed uno di Guido Reni. Dal 15 giugno al 10 agosto 2017 il PALP - Palazzo Pretorio ospita infatti, con orario serale (ore 17-23), l’esposizione Goya e Guido Reni. Tesori d’arte al Palp, curata
di Pierluigi Carofano e promossa dalla Fondazione per la Cultura Pontedera e dal Comune di Pontedera, con il contributo della Fondazione Pisa, in collaborazione con la Libera Accademia di studi Caravaggeschi “Francesco Maria Cardinal del Monte” - Ente Nazionale di Ricerca, degli Amici dei Musei e dei Monumenti Pisani e con il patrocinio della Regione Toscana.
 
Le opere di Francisco Goya, uno dei più grandi artisti europei del suo tempo, sono due autoritratti, realizzati dal maestro spagnolo a circa dieci anni di distanza. Due capolavori che dopo Pontedera andranno al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo, a primavera 2018, per la mostra Goya, la maturazione di un genio. L’autoritratto cronologicamente ‘più antico’, del 1771, è l’Autoritratto giovanile, probabilmente eseguito dal pittore mentre era ancora in Italia. Le fattezze del ritratto sono quelle imberbi di un giovane venticinquenne, vestito con una giubba da viaggio, quasi a dimostrare che, anche se a spese proprie, in Italia egli era riuscito ad arrivare. Il dipinto sembra riassumere tutte le esperienze che il giovane Goya aveva appreso durante il suo soggiorno romano (1669-1771) ed in particolare gli insegnamenti che nel genere ritrattistico gli aveva potuto suggerire la frequentazione di Pompeo Batoni. E’ interessante notare come, sin da questa sua prima prova, egli abbia saputo distaccarsi nettamente dai modi enfatici e sempre ‘in posa’ della ritrattistica encomiastica per offrirci un’immagine quanto mai naturale e vivace di se stesso. Il dipinto (olio su tela, cm 62x42), già presso il City Art Museum di St. Louis, era rimasto per molti anni in ombra, rispetto alla sua replica più tarda del Museo Goya di Saragozza, in quanto pesantemente ripassato nell’Ottocento dal restauratore Marcellino de Unceta. Liberato dalle ridipinture, ha messo in mostra tutta la sua altissima qualità pittorica.

Il secondo Autoritratto in mostra, del 1782 circa (olio su tela, cm 52,5 x 43,4), è stato riscoperto di recente in una prestigiosa collezione privata. La sporcizia ne impediva ogni lettura critica. Una volta pulito dalle vecchie vernici e ridipinture, il dipinto ha mostrato il suo vero volto di opera di eccezionale bellezza, rilevando anche nell’angolo inferiore sinistro una sorprendente firma “Goya” di colore rosso che, per la sua dimostrata autenticità, rende inequivocabile, se già non bastasse l’altissima qualità del dipinto, la sua attribuzione al grande pittore aragonese. Alla forza espressiva del volto si accompagna una forza pittorica senza precedenti: per lo spessore dell’impasto e il trattamento della materia pittorica, il viso più che dipinto sembra scolpito. Per la sua impostazione con il busto di profilo, il viso rivolto allo spettatore e i suoi particolari tratti somatici, questo ritratto si pone il diretta relazione con due altre opere dell’artista che ripetono una tale tipologia e con cui si deve naturalmente confrontare: l’Autoritratto del Museo di Agen e il suo ritratto inserito nella grande pala della chiesa di San Francisco el Grande, a Madrid.
 
Il terzo dipinto è una Susanna e i vecchioni (olio su tela, cm 100x146), straordinario inedito del maestro bolognese Guido Reni. La tela appartiene al novero delle opere ‘non finite’, lasciate da Reni stesso in fase di abbozzo, come scelta deliberata che torna sistematicamente nella fase inoltrata della carriera del pittore in relazione ad una precisa ricerca espressiva, volta a perseguire una pittura sempre più smaterializzata e idealizzata. 

In questo caso la composizione ripete un’invenzione già nota attraverso il quadro dello stesso soggetto della National Gallery di Londra, eseguito sul principio degli anni Venti del ‘600, nei confronti del quale la tela in esame costituisce un vero e proprio esercizio di riscrittura e di programmata rivisitazione espressiva. Nel dipinto proposto a Pontedera la pennellata esibisce una trama poco compatta, lasciando emergere il libero andamento del pennello in un gioco di studiati contrappunti tra pieni e vuoti, in cui anche il colore della preparazione acquista un ruolo di protagonista. Per queste caratteristiche il dipinto dovrebbe spettare all’ultima fase dell’artista, tenendo tuttavia presente che la pratica del ‘non finito’, come sta a indicare la scelta del monocromo programmata sin dall’inizio, non appartiene solo ai suoi ultimi anni e che, l’assenza di un quadro di questo soggetto dall’elenco dei dipinti lasciati incompiuti alla sua morte, obbliga a pensare che a quella data il quadro era già uscito dall’atelier, come opera da lui perfettamente approvata.

Nella cura scientifica della mostra e stesura delle schede di catalogo, nonché nella preparazione della didattica, il professor Pierluigi Carofano, docente di Teoria e Storia del restauro presso la Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università degli Studi di Siena, si è avvalso della collaborazione di Paolo Erasmo Mangiante, studioso di Francisco Goya, di Marco Ciampolini, docente di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara e di Enrico Lucchese, docente di Storia dell’arte moderna presso l’Università IULM di Milano. Un corredo tecnologico di video, filmati, renderà infine questa mostra un evento straordinario di comunicazione e di divulgazione culturale, raggiungendo il grande pubblico con i nuovi metodi di fruizione esperienziale applicati al bene culturale.

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