lunedì 30 marzo 2020

ARTE FIAMMINGA

La pittura Fiamminga è un tipo di pittura artistica chiamata così perché nasce nella zona delle Fiandre, (Paesi Bassi) nel secolo Quattrocento. In quell’epoca le Fiandre erano una vasta area che comprendevano tra le altre l’ Artois, il Brabante, l’Hainaut e anche l’Olanda e Zelanda, chiamati anche paesi fiamminghi.
La pittura fiamminga si sviluppò grazie e soprattutto al celebre pittore Jan Van Eyck e possiamo affermare che insieme al nostro Rinascimento fiorentino furono durante tutto il Quattrocento un punto di riferimento culturale e artistico per tutta l’Europa.
L’area delle Fiandre godette in quel periodo di una rinnovata prosperità, grazie ad attività commerciali e culturali in aumento e un equilibrio saggio tra potere e richieste di autonomie locali e grazie a regnanti come Filippo II l’Ardito e Filippo il Buono.
Gli abitanti di questi paesi nordici svilupparono una sensibilità religiosa che li spingeva a ricercare un più stretto rapporto tra Dio e l’uomo. Gli artisti si spingono verso una ricerca figurativa più realistica ed attenta ai dettagli più piccoli e precisi e proprio in questo ambiente nasce la nuova pittura fiamminga di Van Eyck.

Le caratteristiche principali che possiamo trovare nella pittura fiamminga sono:
Un uso della nuova tecnica con i colori a olio.
Una spazialità che viene unificata tramite la luce.
La visione della realtà attraverso i più piccoli particolari resi in modo perfetto.
La realizzazione di ritratti realizzati con la nuova posa di tre quarti.

I pittori fiamminghi riuscirono a perfezionare la tecnica dei colori ad olio con delle sfumature perfette. Visto anche che i colori ad olio asciugano lentamente era possibile realizzare delle velature, cioè degli strati di colore su altro colore asciutto che rendevano i dipinti brillanti e lucidi, realizzando in questo modo dei materiali (tessuti, legni ecc.) dipinti che erano molto realistici e perfetti.

In maniera analoga ai pittori toscani contemporanei anche i fiamminghi svilupparono un interesse verso la realtà e la rappresentazione naturalistica. Anche in questo caso le ricerche si mossero a partire dai canoni dell’arte tardogotica e ben presto i fiamminghi, in particolare van Eyck seppero arrivare a una completa integrazione tra figure e paesaggio, dove la luce è l’elemento che unifica tutta la scena, delineando con incisività scrupolosa tanto le figure principali quanto i singoli oggetti di corredo. Andava così perdendo di interesse la spazialità sospesa e astratta delle raffigurazioni tardogotiche, dove tutto concorreva a dare un’apparenza da favola o da balletto ben architettato.
Lo spazio dei fiamminghi è molto diverso anche dallo spazio degli italiani improntato alla prospettiva lineare centrica. Gli italiani usavano infatti un unico punto di fuga posto al centro dell’orizzonte dove tutto è perfettamente strutturato ordinatamente con rapporti precisi tra le figure e un’unica fonte di luce che definisce le ombre. Secondo questa impostazione lo spettatore resta tagliato fuori dalla scena e ne ha una visione completa e chiara.
Per i fiamminghi invece lo spettatore è incluso illusoriamente nello spazio della rappresentazione tramite alcuni accorgimenti quali l’uso di più punti di fuga (tre, quattro) o di una linea dell’orizzonte alta, che fa sembrare l’ambiente “avvolgente” o in procinto di rovesciarsi su chi guarda. Lo spazio è quindi tutt’altro che chiuso e finito, anzi spesso si aprono finestre che fanno intravedere un paesaggio lontano o come (vediamo immagine sopra) nel celebre Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck del 1434 possono essere addirittura presenti specchi che raddoppiano l’ambiente, mostrando le spalle dei protagonisti (vediamo un particolare sotto).
Van Eyck I coniugi Arnolfini particolare.JPG

La luce dei fiamminghi inoltre non è selettiva cioè illumina con la stessa attenzione l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande e facendo da medium per unificare tutta la ra432px-Rogier_van_der_Weyden_027.jpgppresentazione. Vengono sfruttate più fonti luminose che moltiplicano le ombre e i rilessi permettendo di definire accuratamente le diverse superfici, dal panno alla pelliccia, dal legno al metallo ciascun materiale mostra una reazione specifica ai raggi luminosi (il lustro).
Gli artisti fiamminghi inoltre inventano la posa a tre quarti per i ritratti, che riesce a dare maggiori informazioni sulla fisionomia dei volti, a differenza delle pose di profilo o di fronte, usate sino a quel momento (vedi a lato un esempio di ritratto con posa a tre quarti del 1460 di Rogier Van Der Weyden).
Oltre al già citato Van Eyck, altro famoso pittore fiamminga del primo periodo fu anche Rogier Van Der Weyden insieme a qualche altro.

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