giovedì 23 marzo 2017

La doppia vita di Corot il grande precursore

Corot fu il pittore dalla "doppia vita". Una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde dell'arte del paesaggio. Pittore ufficiale da Salon, dove esponeva al grande pubblico i suoi quadri conformi al gusto accademico, tutti paesaggi idilliaci e classicheggianti
popolati di pastori o figurette mitologiche calati in uno scenario composto e ordinato. E pittore non ufficiale, privato, per pochi intimi, dove le vedute si liberavano di ogni schema tradizionale e sperimentavano con arditezza e intuizione una ricerca della luce colta dal vero, dipingendo all'aperto. Ed è qui, nello strano caso di un Mister Hyde paesaggista, che Jean-Baptiste-Camille Corot (1798-1875) viene considerato il precorritore della pittura en plein air impressionista, votato come sarà per tutta la carriera a cercare la resa veritiera, e per questo rivoluzionaria, delle atmosfere. 

E di questa duplice natura, divisa tra antico e moderno, tra maestri del passato e maestri del futuro, tiene conto tutto il percorso della grande mostra "Corot e l'arte moderna. Souvenirs et Impressions" che dal 27 novembre al 7 marzo viene ospitata al Palazzo della Gran Guardia, segnando il primo progetto espositivo frutto della collaborazione fra il Musée du Louvre e il Comune di Verona. Sotto la cura di Vincent Pomarède un centinaio di opere che raccontano l'estro pionieristico e raffinato dell'artista francese in un confronto diretto tra illustri maestri della tradizione paesaggistica a partire dal XVII secolo, con Nicolas Poussin e Claude Gellée, detto Lorrain, come capostipiti, per arrivare ai seguaci che da Corot sono stati fortemente influenzati, come lo stesso Monet. Un percorso che audacemente arriva a leggere affinità elettive anche nei protagonisti dell'avanguardia, tra fauves e cubisti come Picasso. 


Quattro secoli di arte che ruotano intorno a Corot, con un fil rouge da cui non si può prescindere. L'Italia. Il primo lungo soggiorno italiano, fra il 1825 e il 1828 che gli stimola uno stile precocemente realista, cercando nelle vedute di Roma e nella campagna laziale, sempre di piccolo formato, di restituire con efficacia sulla tela l'atmosfera limpida e cangiante con una tecnica immediata basata su larghe masse di colore. E' qui che Corot scopre l'essenza del paesaggio, ancora prima di aderire alla scuola di Barbizon (quel gruppo di artisti francesi che decideranno tra il 1830 e il 1847) di soggiornare presso la foresta di Fontainebleau per sperimentare la pittura dal vero nel cuore della natura). 

A Roma Corot non cerca la storia o l'eco del passato, ma vuole la luce, quella chiarezza che accende i colori trasformandoli in strumenti diretti della sua stesura pittorica. E comincerà a dipingere secondo la sua sensibilità, en plein air, anche se può impiegarci giorni e giorni per concludere la composizione. Ancora un secondo soggiorno in Italia, nel 1834, viaggiando tra Firenze, Genova, Venezia e i laghi lombardi, quando la sua arte si traduce tutta nel registrare "impressioni" luminose di quei luoghi. Fino al terzo, nel 1843, tra Torino, Genova, Roma e dintorni, periodo di nuove intuizioni. 

Svolta per intraprendere una pittura di spregiudicatezza formale rivolta sia ai paesaggi sia ai ritratti, genere poco noto in Corot ma che la mostra sa testimoniare con una deliziosa "Ragazza alla toletta" dal Louvre. Non puntava certo all'introspezione psicologica, Corot, ma al virtuosismo tonale, che anche nelle figure diventava un esercizio di maestria pittorica all'insegna della sensibilità luministica. Scorrendo le tele in mostra, che non perdono mai di vista i riferimenti alla sua Italia come esperienze artistiche, si coglie un graduale passaggio dalla chiarezza del primo soggiorno, che tanto piaceva a Emile Zola, ad una modulazione più accentuata delle gamme cromatiche, mentre le figure accentuano l'effetto atmosferico e i contorni appaiono sempre più atmosferici e sgranati. 
Soluzione stilistica che tanto amerà Renoir. Come riporta il curatore Pomarède nel saggio del catalogo della mostra, nel rievocare il celebre "Porto di La Rochelle" esposto al Salon del 1851 invidiava ancora nel 1918 la maniera in cui Corot era riuscito a dare "il colore alla pietra", definendolo "il grande genio del secolo" e "il più grande paesaggista mai vissuto". Renoir, continua Pomarède, che ricordava i consigli dispensati da Corot di "non essere mai sicuri di ciò che si fa fuori" e di "rivedere sempre l'opera in studio", confidava d'altronde a suo figlio, il cineasta Jean Renoir: "Ho capito subito che il più grande era Corot. Lui non scomparirà mai. Si sottrae alle mode come Vermeer di Delft". 

Notizie utili - "Corot e l'Arte Moderna. Souvenirs et Impressions", dal 27 novembre al 7 marzo 2010. Palazzo della Gran Guardia, Piazza Bra, Verona. 
Orari: lunedì-domenica: 9,30 - 19,30 (31 dicembre: ore 9,30 - 18,00, 1 gennaio: ore 13,30 - 19,30, chiuso 25 dicembre). 
Ingresso: intero €10, ridotto €8. 

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