1. Edward Hopper (1882-1967) è considerato il massimo esponente del realismo americano. Le sue opere raccontano l’America dell’epoca, non lo fanno attraverso lo sfarzo dei grattacieli o dei monumenti ma ritraendo la vita quotidiana: dai distributori di benzina alle strade silenziose, illuminate da lampioni e luci al neon.
2. Dimostra talento fin da giovanissimo tanto che i genitori lo indirizzano verso la carriera di illustratore e lo iscrivono a un corso per corrispondenza presso la New York School of Illustrating. Nel 1900 comincia la New York School of Art e nel 1906 va a Parigi per conoscere le Avanguardie che si stavano affermando in Europa. Rimane particolarmente colpito dall’arte degli impressionisti.
3. Nel 1913 vende il suo primo dipinto, Sailing per 250 dollari ma per sostenersi deve lavorare come illustratore per le agenzie pubblicitarie, lavoro che odia. È in questo periodo che, oltre a dipingere, Hopper apprende la tecnica dell’incisione: sarà proprio questa a farlo conoscere dal pubblico ottenendo premi e riconoscimenti.
4. È il 1923 quando conosce l’artista Josephine Nivison che da quel momento in poi sarà la modella per tutti i soggetti femminili da lui ritratti. I due si sposano un anno dopo ma il loro sarà un rapporto burrascoso (e non di rado rissoso) a causa del carattere estroso di Jo che mal si abbina con gli ostinati silenzi di Edward. Proprio tale incomunicabilità sarà alla base di molti dipinti di Hopper.
5. Nel 1924 Hopper ottiene finalmente il meritato successo con una mostra alla Rehn Gallery che mette d’accordo pubblico e critica. Da questo momento al sua carriera è in discesa: Nel 1925 la sua tela intitolata Apartment Houses viene acquistata dalla Pennsylvania Academy mentre 1930 l’opera House by the Railroad entra a far parte della collezione permanente del MoMA di New York che tre anni dopo gli dedica la prima retrospettiva. Inutile dire che Hopper lascia il lavoro di illustratore.
6. L’opera House by the Railroad citata poc’anzi ispirerà il regista Alfred Hitchcock nell’immaginare il famoso “Bates Hotel” dove è ambientato il suo capolavoro “Psycho”.
7. Del resto le opere di Hopper pare abbiano una dimensione narrativa che negli anni ha ispirato numerosi registi. Ciò nonostante Hopper non amava che gli spettatori considerassero i suoi dipinti come frammenti di storie complete. A proposito dell’opera Office at night (in fondo all’articolo) disse: “Se proprio deve raccontare una storia, spero che non sia banale. Non è questo il mio intento”.
8. Nel 1942 dipinge la sua opera più famosa, Nighthawks. Nel dipinto c’è l’essenza dell’arte di Hopper: il soggetto ispirato alla vita quotidiana (una tavola calda aperta di notte), il contrasto tra luce e buio, che rinchiude i protagonisti in una “bolla di luce”, il senso di solitudine e incomunicabilità trasmesso dagli avventori che, pur essendo vicini paiono ignorarsi.
9. Hopper esce lentamente di scena alla fine degli anni Cinquanta, con la nascita dell’espressionismo astratto e l’affermarsi dell’arte di Jackson Pollock.
Pochi anni prima di morire, nel 1965, realizzerà l’opera Two comedians nella quale è facile vedere ritratti lui e sua moglie Josephine che salutano il pubblico per l’ultima volta. Morirà nel 1967, Josephine lo seguirà dieci mesi dopo.
10. Nel 2007 va in scena “Later the same evening”, un’opera musicale ispirata ai quadri di Hopper, realizzata in occasione di una grande esposizione a lui dedicata alla National Gallery of Art di Washington. Nel 2015 il regista Gustav Deutsch dirige il film “Shirley: Vision of Reality”, in cui tredici dipinti di Hopper prendono (letteralmente) vita.
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