martedì 17 gennaio 2017

Analizzare un quadro in tre mosse

Tempo fa ho scritto un articolo sulla lettura dell’opera d’arte. Un metodo di analisi complesso e approfondito che, però, proprio per la sua vasta articolazione, non può essere praticato sistematicamente per ciascun dipinto da studiare (insomma, quando lo propongo in classe i ragazzi mi guardano storto…).

Allora ho cercato di semplificare l’approccio proponendo tre parole-chiave: tecnicasoggetto e poetica. Vediamo cosa si intende per ognuna di queste tre voci.
1. TECNICA – È la modalità con cui viene realizzata l’opera d’arte. Riguarda l’aspetto più “meccanico” e fisico della creazione.
Restando nell’ambito delle arti visive bidimensionali (anche se l’arte comprende anche scultura, architettura, letteratura, teatro, danza, musica etc. etc.) le tecniche più diffuse sono la tempera su tavola, l’affresco, l’olio su tela e l’inchiostro su carta, giusto per citare quelle che si trovano più spesso nel libro di storia dell’arte. Ma, se siete curiosi di saperne di più, su WikiArt ne trovate oltre un centinaio…

È interessante notare però come, all’interno della stessa tecnica, esistano profonde differenze stilistiche che consentono di individuare facilmente l’autore o, comunque, il movimento d’appartenenza.
Ecco, ad esempio, alcuni dettagli di dipinti realizzati ad olio su tela. Il tipo di stesura, la densità delle pennellate e la loro forma identificano in modo inequivocabile i relativi autori e ci raccontano una sensibilità diversa, un sentire nuovo, una necessità impellente dell’artista. Li riconoscete?
Se nei primi due casi (Bronzino e Hayez) tutto sommato la tecnica è simile e cambiano il soggetto e la poetica, negli esempi seguenti (Monet e Van Gogh) la stesura del colore rivela l’urgenza di catturare un’impressione di luce o uno stato d’animo.
Dunque, sebbene abbia presentato la tecnica come aspetto, appunto, “tecnico” dell’opera d’arte, ecco che scopriamo che la sua scelta o la sua personalizzazione fanno già parte del significato dell’opera.
Si può arrivare, in casi estremi, ad opere il cui soggetto e il cui significato risiedono proprio e soltanto nella tecnica (l’action painting di Pollock è il tipico esempio).
2. SOGGETTO – È ciò che è raffigurato in un dipinto. Il soggetto, generalmente, è individuato inizialmente attraverso il cosiddetto genere pittorico.
Naturalmente ognuno di questi soggetti assume significati diversi nel tempo mentre altri sono specifici solo di alcune epoche. La natura morta, ad esempio, genere quasi assente fino alla fine del Cinquecento, assume connotati e significati molto diversi col passare dei secoli.
Così, se nel Seicento la natura morta allude alla transitorietà delle cose terrene, in alcuni autori tende a diventare puro esercizio di virtuosismo.
Scompare con il Neoclassicismo e il Romanticismo (ma alcune tele di Goya dimostrano che la natura morta non era affatto morta!) per ricomparire alla grande nella seconda metà dell’Ottocento coniugata, di volta in volta, secondo la visione impressionista, quella di Cézanne, di Van Gogh e poi, nel Novecento, in versione cubista, pop, iperrealista etc. etc.


3. POETICA – È un concetto spesso istintivamente abbinato alla letteratura, e in particolare alla poesia (questione di assonanza…), ma in realtà la poetica riguarda tutte le modalità artistiche e si riferisce alle intenzioni espressive dell’autore o di un movimento. In pratica è la risposta alla domanda: qual è il senso di quest’opera? Cosa trasmette? cosa vuole cogliere?
È un aspetto che, assieme alla tecnica (com’è fatto?) e al soggetto (cosa rappresenta?) completa la comprensione dell’opera (cosa comunica?).
La poetica, tuttavia, non è un codice segreto nascosto dentro l’opera. La sua essenza, infatti, si manifesta attraverso il linguaggio (fatto di luce, colori, forme e composizione) con cui il soggetto viene trattato.
Tornando, ad esempio, alle nature morte viste sopra, si tratta del medesimo soggetto capace di comunicare, però, “messaggi” diversi. Se le fette di salmone di Goya sembrano intrise di una percezione macabra e passionale del mondo, la fruttiera di Lichtenstein traduce in fumetto bidimensionale, un prodotto visivo popolare e di consumo, quella che per secoli era stata un’esibizione di estremo realismo.
La stessa poetica è evidente nei rispettivi autoritratti…
La comprensione della poetica è un elemento di lettura imprescindibile la cui mancanza produce una relazione molto superficiale con l’opera d’arte. Cogliere solo l’aspetto formale (come avviene con le grandi icone di cui ho già parlato) fa perdere ogni rapporto autentico con il dipinto. Lo guardo, lo ammiro, ma non lo ascolto, non lo capisco oltre ciò che vedono i miei occhi.
L’arte, al contrario, esige un rapporto completo (non fraintendetemi!): una relazione che coinvolga occhi, mente e cuore. Visione, comprensione ed emozione devono agire contemporaneamente!
Ma facciamo qualche esempio concreto di lettura in tre mosse. Prendiamo un’opera del Quattrocento, una del Seicento e una dell’Ottocento (giusto per affrontare dei periodi molto diversi dal punto di vista artistico) ed analizziamole brevemente insieme.
ANTONELLO DA MESSINA, ANNUNCIATA, 1474-75
Il dipinto è un olio su tavola, elemento non secondario dato che si tratta di una delle prime applicazioni della pittura ad olio in Italia, rivelando dunque i contatti che Antonello ebbe con la pittura fiamminga (presso cui si era perfezionata questa tecnica).
Si tratta di una scena sacra un po’ sui generis: precedentemente (ma anche successivamente), infatti, la Vergine annunciata è sempre raffigurata insieme all’Arcangelo Gabriele inginocchiato a riferirle della sua maternità. La scena, inoltre, è spesso ambientata in una stanza (quella di Maria) o in un portico accanto ad un giardino.
In questa Annunciazione, invece, mancano sia l’angelo che l’ambientazione (resta solo un leggio su un tavolo come unico riferimento spaziale). Maria è immobile, geometrica, con una mano di scorcio protesa in avanti per lo stupore.
E qui entra in gioco la poetica di Antonello. La sua ricerca di idealizzazione e la sua cura estrema per la luce tendono a trasformare l’Annunciata in una scultura perfetta, simbolo tridimensionale e razionale di quel Rinascimento già maturo che ormai pervadeva tutt’Europa.
ARTEMISIA GENTILESCHI, GIUDITTA CHE DECAPITA OLOFERNE, 1620
Realizzato ad olio su tela il dipinto raffigura un’altra scena biblica, quella relativa alla brutale esecuzione del generale assiro Oloferne da parte dell’intrepida Giuditta.
Il soggetto, ispirato ad un’opera simile di Caravaggio, è raffigurato con estrema violenza: il sangue, scuro ed abbondante, zampilla verso la donna che, pur ritraendosi, continua ad affondare la spada con determinazione. La scena è davvero orripilante e mostra il tipico gusto barocco per le “emozioni forti“, per il dinamismo, per i netti contrasti.
A confronto la tela del Merisi sembra un delicato quadretto da capezzale…
La poetica, però, ci riserva qualche sorpresa legata alla storia personale di Artemisia, vittima di stupro da parte di Agostino Tassi, pittore e collaboratore del padre, artista anch’esso. Il processo, intentato dal padre, diede infine ragione alla pittrice ma questo non placò il dolore per il trauma subito.
È così che si spiega la grande carica di violenza in questo e in numerosi dipinti che raffigurano eroine nell’atto di uccidere un nemico. È come se il quadro potesse simbolizzare e racchiudere tutta la volontà di rivalsa dell’artista sull’uomo che l’aveva violentata. E non è un caso che Giuditta somigli straordinariamente alla stessa Artemisia!
PIERRE-AUGUSTE RENOIR, LA COLAZIONE DEI CANOTTIERI, 1881
Anche questo è un olio su tela. Ma è un dipinto impressionista, dunque, come per il dettaglio di Monet, la pittura è utilizzata in modo diverso da come facevano, ad esempio, la Gentileschi o Caravaggio.
Qui la pennellata visibile con effetto a macchie rende bene l’idea di vitalità, di luccichìo, di spensieratezza di un giornata tiepida al ristorante La Fournaise, presso Chatou.
È la vita dei borghesi della Belle Epoque, vivace e frivola.

D’altra parte il dipinto è stato realizzato quasi tutto en plein air, dunque proprio davanti alla scena, cercando di coglierne l’atmosfera con l’immediatezza di uno scatto fotografico.
Il soggetto, di per sé, è banale: è la tipica scena di genere, un momento di vita quotidiana privo di qualsivoglia allusione simbolica, storica o religiosa. Ma proprio in questa sua ordinarietà sta il suo fascino. Perché in questa scena ci sembra quasi di poter sentire il tintinnio dei bicchieri, il brusio dei clienti insieme al gioco di sguardi da un punto all’altro della terrazza.
C’è tanta vita (e direi anche tanti ormoni nell’aria) in questa ricca colazione così frizzante e disordinata.
E la poetica? Forse non ve ne siete accorti ma è già emersa insieme alla tecnica e al soggetto. Sì, perché anche se cerchiamo di catalogare i vari aspetti di un’opera, si tratta pur sempre di suddivisioni di comodo, a scopo didattico.
Nessun aspetto è davvero separabile da tutti gli altri e credo che cogliere questo concetto sia la vera lezione che la lettura di un’opera d’arte ci possa dare!

Nessun commento:

Posta un commento